La Riforma del Diritto Internazionale Privato Italiano, introdotta con la Legge 31-05-1995 n.128, si segnala per le importanti novità riguardanti le tradizionali norme di conflitto nonché il Diritto Internazionale Privato. La Riforma interessa due aree distinte: da una parte determina “l’ambito della giurisdizione italiana e disciplina l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri”; dall’altra “pone i criteri per l’individuazione del diritto applicabile”.
Riguardo a quest’ultimo aspetto, va chiarito in via preliminare quali siano le fattispecie rispetto alle quali si pone il problema dell’individuazione del Diritto applicabile che il legislatore classifica, senza menzionarne espressamente un carattere comune determinante, che è l’internazionalità: essa sola fa sorgere la necessità di fissare criteri per scegliere, tra più Ordinamenti Giuridici interessati alla disciplina della fattispecie concreta, quello applicabile.
La legge applicabile ai Contratti Internazionali
Con la creazione del Mercato Unico Europeo e comunque con l’allargamento dei mercati su base globale, le imprese italiane si trovano sempre più spesso ad effettuare operazioni commerciali con soggetti stranieri e viceversa. Negli ultimi anni, per altro a causa della “crisi” di cui si parla tanto, sono sempre di più le persone, in particolare i giovani, che desiderano trascorrere un periodo all’estero per conoscere culture e ambienti lavorativi diversi, per migliorare la conoscenza delle lingue straniere, ma soprattutto per concretizzare una prospettiva di vita migliore che conduca ad un’escalation lavorativa brillante.
Al momento di concludere un accordo con un datore di lavoro straniero, vale la pena dedicare particolare attenzione al contratto. In realtà nonostante vi sia la tendenza di derivazione anglosassone, a redigere contratti self regulatory, (contenenti una disciplina particolarmente dettagliata) tali da contenere la risoluzione di ogni eventuale controversia, va da se che non si riesce mai a contenere tutte le questioni immaginabili attorno ad un contratto di lavoro internazionale, per questo è auspicabile che le parti scelgano a priori il diritto sostanziale applicabile al contratto mediante una clausola ad hoc chiamata “pactum de lege utenda” così individuata: ”il contratto è interamente sottoposto al diritto che ne regola la conclusione, esecuzione e cessazione, ed in base al quale esso sarà interpretato, anche al fine della risoluzione delle controversie da esso nascenti”.
La Convenzione di Roma
Nell’ambito dell’Unione Europea, la materia della legge applicabile al Contratto Internazionale è regolata dalla Convenzione di Roma (1980), la quale detta regole uniformi a livello europeo sui conflitti di legge in materia di contratti, allo scopo di prevenire il fenomeno del cd. “forum shopping”. All’Art.3 si prevede che le parti siano libere di scegliere la legge applicabile al loro rapporto e, sebbene non richiesta, la forma scritta è sempre consigliabile per questioni probatorie; l’Art.3 prevede la possibilità, per le parti, di assoggettare il contratto a più leggi nazionali diverse, secondo la tecnica del “depeçage” o “frazionamento”, che presuppone la scomposizione del contratto in più parti, con l’assoggettamento di ciascuna di esse a leggi nazionali diverse, il che incontra grossi limiti data la necessità di coerenza del quadro giuridico delineato dalle parti. Questo ha infatti sollevato molte critiche da parte dei giuristi di Common Law, poiché è storicamente acclamata una certa riluttanza a permettere che due o più leggi disciplinino parti separate di un unico contratto. In assenza di una scelta della legge applicabile, come criterio sussidiario si ricorre, poi, all’Art.4 I Comma della Convenzione di Roma, che prevede l’applicazione della legge del Paese con il quale il contratto presenta il “collegamento più stretto”, che si presume sia con il Paese in cui la parte che deve fornire la “prestazione caratteristica” ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o la propria amministrazione. Si noti che la maggior parte dei Paesi al mondo, sia di Civil Law che di Common Law, ammette la possibilità che le parti di un contratto internazionale scelgano liberamente la legge ad esso applicabile (Art.1322 C.C).
Per ipotesi, un lavoratore dipendente o autonomo che risiede in uno stato dell’ UE in cui lavora, vedrà applicarsi la legislazione di quest’ultimo Stato. Il lavoratore dovrà solo dare comunicazione all’Istituto di Previdenza dello Stato di residenza della sua attività lavorativa anche in altri stati Ue, l’Istituto rilascerà apposito modello (E101) dal quale risulterà che il lavoratore è soggetto alla legislazione dello stato di residenza in tutti gli Stati in cui svolge l’attività lavorativa.
Opportunità nelle Organizzazioni Internazionali
La maggior parte delle Organizzazioni Internazionali offre a laureandi e neolaureati la possibilità di effettuare un periodo di tirocinio (stage), in genere di tre mesi, all’interno delle proprie strutture. È difficile schematizzare e trovare tutto l’universo delle oltre 150 Organizzazioni Internazionali Intergovernative esistenti, ne segnaliamo solo alcune: Segretariato ONU, UNDP, UNICEF, FAO, UNESCO, OIL, FMI, Banca Mondiale, Banche Regionali di Sviluppo; Commissione, Parlamento, Corte, Banca di Ricostruzione e Sviluppo, Banca degli Investimenti.